2016 · Terza edizione

Tutti i diritti riservati

© by Athesia SpA, Bolzano (2014)

Immagini: Daiana Boller

Cartine pag. →, →, →, →: Frühwald Schlaich, Geislingen

Design di copertina: Athesia-Tappeiner Verlag

Layout: Ferrari-Auer, Bolzano

ISBN 978-8-8683-9180-5

www.athesialibri.it

casa.editrice@athesia.it

Books on Demand GmbH

Indice

  1. Breve storia del territorio trentino prima del 1815
  2. Breve storia della monarchia asburgica prima del 1815
  3. Avvenimenti 1815–1848
  4. Avvenimenti 1848–1867
  5. Avvenimenti 1867–1914
  6. Avvenimenti 1914–1918
  7. a famiglia imperiale
  8. La questione autonomista
  9. La questione nazionale
  10. Scuola
  11. Chiesa
  12. Economia
  13. Emigrazione
  14. Esercito
  15. Profughi (1915–1918)
  16. Personaggi: Antonio Rosmini, Luigi Negrelli, Paolo Oss Mazzurana, Lorenzo Guetti, Giovanni Segantini, Amabile Visintainer, Cesare Battisti, Alcide Degasperi, Riccardo Zandonai, Gianni Caproni
  17. Appendice: Cronologia, Tabelle
  18. Bibliografia consigliata

Questo libro presenta un quadro generale delle vicende storiche che hanno interessato l’impero austro-ungarico e in particolare il territorio trentino negli anni dal 1815 al 1918. Al tempo infatti l’attuale Provincia autonoma di Trento era parte della Contea Principesca del Tirolo.

Il testo, affrontando temi diversi e offrendo molti dati ma poche interpretazioni, permette a chi legge di formarsi «un’opinione informata» su temi storici ancora oggetto di dibattito. Ad esempio, aiuta il lettore a capire non solo le diverse letture che la prima guerra mondiale suscita ancora oggi, ma anche cosa c’è dietro la concessione dell’autonomia speciale. Un percorso che non inizia dopo la seconda guerra mondiale, ma molto molto prima.

I primi capitoli tracciano quindi un ampio ma semplice quadro introduttivo, spingendosi temporalmente fino al Medioevo e abbracciando geograficamente l’intero impero asburgico, per inquadrare gli argomenti specifici trattati nei capitoli successivi, i quali possono anche essere letti singolarmente, o in ordine sparso. Si tratta infatti di capitoli brevi, dedicati a singoli argomenti: dall’economia all’esercito, dalla famiglia imperiale ai profughi durante la prima guerra mondiale. I capitoli tematici sono seguiti da una serie di medaglioni biografici dedicati ad alcuni dei personaggi dell’epoca, soprattutto a quelli oggi forse più famosi fuori della nostro territorio che al suo interno, come Caproni, Negrelli o Rosmini. Il testo contiene anche cartine geografiche e diverse immagini dell’epoca, alcune inedite, provenienti dalla mia collezione.

È stato definito un «bignami di storia locale», e in effetti è proprio quello che vuole essere. Una pubblicazione snella, scorrevole, con uno stile essenziale ma ammorbidito da diverse curiosità, molto adatta anche a chi non è un appassionato lettore e cerca un libro breve ma completo tramite il quale capire meglio certi dibattiti ancora attuali sulla nostra storia e la nostra identità. Il libro tra l’altro si inserisce in una collana che ha appunto questo taglio, e che include anche un testo sulla storia recente del Sudtirolo, altro argomento che mescola storia e attualità.

«Welschtirol» è uno dei modi in cui veniva definito il territorio trentino a quei tempi. Questo termine ha origini antiche e aveva inizialmente una connotazione neutra, indicando il fatto che qui si parlava una lingua più vicina al latino, ossia un dialetto italiano, ma assunse poi, e spesso ha ancora, una connotazione spregiativa. Se c’è un fil rouge nel libro, è proprio quello delle divisioni e dei danni che ha causato il nazionalismo esasperato. La radice welsch-, e il termine Welschtirol che ne deriva, è stata appunto una delle vittime dello scontro nazionalista.

L’autrice Daiana Boller

in occasione della terza edizione del volume

Breve storia del territorio trentino prima del 1815

La posizione particolare del territorio trentino lo rese molto importante fin dall’età romana come zona di transito militare e commerciale. Per questo rimangono ancora oggi importanti tracce della civiltà romana (si pensi alla Trento romana o al tracciato della via Claudia Augusta), che si affiancano alle testimonianze della preesistente civiltà retica.

Dopo aver subito numerose invasioni e dominazioni durante l’Alto Medioevo da parte dei Longobardi, dei Goti, dei Bavari e dei Franchi, il territorio trentino entrò a far parte del regno franco e quindi, dopo lo smembramento di questo, del Sacro Romano Impero.

Per poter governare questo vasto impero gli imperatori erano costretti ad affidare piccole porzioni di territorio a nobili o ecclesiastici di loro fiducia. Così fu anche per il territorio trentino, che venne affidato il 31 maggio 10271 dall’imperatore Corrado II al vescovo di Trento. Nacque così il Principato vescovile di Trento, la cui estensione tuttavia non corrispose mai a quella dell’attuale Provincia di Trento.

Il Principe vescovo controllava inoltre un territorio come principe e uno come vescovo, ma i due territori non coincidevano, come si vede dalle cartine. A volte inoltre il Principe vescovo di Trento veniva eletto anche Principe vescovo di Bressanone e controllava quindi entrambi i territori. Bisogna quindi tenere sempre presente che i confini di allora erano diversi da quelli attuali e più «fluidi».

Questa situazione si complicò ulteriormente quando la carica di «avvocati»2 del Principato vescovile venne affidata stabilmente ai Conti di Tirolo, località vicino Merano. La potenza di questa famiglia infatti crebbe finché essi costruirono una propria signoria a danno del Principe vescovo. Nacque così la Contea del Tirolo, i cui confini erano molto irregolari e discontinui.

Dopo il 1363 la dinastia dei Tirolo si estinse e la Contea passò alla famiglia degli Asburgo. Per questo in alcuni casi la carica di imperatore e quella di Conte del Tirolo vennero ricoperte dalla stessa persona.

Tra Conti del Tirolo e Principi vescovi venivano rinnovati periodicamente dei patti (detti «compattate») che riguardavano principalmente aspetti militari.

Tra i Principi vescovi più famosi va ricordato Federico Vanga (1207–1218), discendente da una nobile famiglia della Val Venosta, che rafforzò i diritti del Principato, regolò l’attività estrattiva con uno degli statuti (regolamenti) minerari più antichi d’Europa, costruì a scopo difensivo la torre che porta il suo nome e che al tempo si affacciava sull’Adige, avviò i lavori di costruzione del Duomo di Trento. Partecipò anche a una Crociata, durante la quale morì.

Nella cartina si vede l’estensione del Principato vescovile di Trento nel 1027, che si ridusse nel corso dei secoli.

Una data importante è il 9 agosto 1339, anno in cui il re di Boemia concesse al Principato (allora retto da un Principe vescovo boemo, Nicolò da Brno) l’uso dello stemma nobiliare dell’aquila di San Venceslao, in uso ancora oggi come stemma della Provincia Autonoma di Trento.

Molti dei Principi vescovi non erano originari del territorio trentino, ma erano legati da vincoli di fedeltà o addirittura di parentela agli imperatori del Sacro Romano Impero. Essi però non venivano nominati dall’imperatore: erano infatti eletti dai canonici del Capitolo del Duomo di Trento e la loro elezione veniva poi accettata e ratificata da parte dell’imperatore e del Papa.

All’inizio del’400, tra il 1407 e il 1409, scoppiò a Trento una rivolta guidata da Rodolfo Belenzani. Lo scopo era rafforzare i poteri della città rispetto a quelli del Principe vescovo, che al tempo era Giorgio di Lichtenstein, il committente degli affreschi di Torre Aquila.

A quel tempo la parte meridionale del Principato vescovile era stata conquistata dalla Repubblica di Venezia, la cui avanzata venne fermata in occasione della battaglia di Calliano il 10 agosto 1487. Pochi anni dopo, Venezia dovette ritirarsi dalla Vallagarina e dall’Alto Garda. Il dominio veneziano ebbe quindi breve durata.

Alcuni decenni dopo, nel 1514, divenne Principe vescovo Bernardo de Cles o Clesio, che faceva parte del seguito dell’imperatore con incarichi di rilievo. Grazie a lui, il Principato divenne sempre più importante come punto di contatto tra la penisola italiana (quindi il papato) e il mondo germanico (quindi l’imperatore). Bernardo Clesio era un personaggio politico di grande rilievo fuori del Principato, ma questo non gli impedì di essere molto attivo anche al suo interno, rafforzandone i diritti e promuovendo iniziative come la costruzione del «Magno Palazzo», una parte del castello del Buonconsiglio. Nel 1525 dovette anche gestire la «Bauernkrieg», la guerra dei contadini, il cui comandante in Tirolo fu Michael Gaismayr. Il Clesio venne eletto anche Principe vescovo di Bressanone, ma pochi mesi dopo morì di sifilide.

Nella cartina si vede l’estensione della diocesi di Trento, che rimase sostanzialmente invariata dal 1027 al 1785. Rispetto a quella attuale includeva alcuni territori in più a sud-ovest e molti a Nord, arrivando fino a Bolzano. Mancavano invece il Primiero e la Valsugana, inclusi nella diocesi di Feltre.

Durante il suo periodo di governo cominciarono le trattative per un Concilio che risolvesse la rottura coi protestanti. Quale posto migliore per ospitarlo di Trento, vista la sua storica funzione di cerniera tra i due mondi? Il Concilio si tenne infatti tra il 1545 e il 1563 e anche se non riuscì a sanare la frattura protestante fu comunque un momento storico importantissimo.

Durante il Concilio e nei decenni seguenti, dal 1539 al 1658, si succedettero come Principi vescovi ben quattro membri della famiglia Madruzzo, che si passarono il potere da zio a nipote. Il loro periodo di governo segnò l’apice e poi il declino dell’importanza del Principato vescovile. La Contea del Tirolo infatti era ormai sempre retta dal ramo principale degli Asburgo, quindi il Principato non confinava più con una piccola signoria, ma con un potente imperatore. Inoltre, il tempo dei piccoli staterelli feudali stava finendo e si andavano formando i primi stati nazionali.

Nella cartina si vede il rapporto tra Contea del Tirolo e Principati Vescovili di Trento e Bressanone tra metà ’600 e il 1803. Si noti che Primiero, Arco, Bassa Valsugana, Rovereto e dintorni e il territorio controllato dalla famiglia Lodron facevano parte della Contea del Tirolo.

Uno di questi stati nazionali era la Francia, dalla quale arrivò la spinta che fece crollare definitivamente il Principato. Nel 1796 infatti si ebbe la prima invasione francese del territorio trentino. Seguì un periodo confuso con continui passaggi di governo, finché il Principato vescovile di Trento venne definitivamente secolarizzato, ossia al vescovo venne tolto il governo politico della regione.

Nel 1805, dopo la vittoria di Napoleone ad Austerlitz, l’intero Tirolo (comprendente quindi l’attuale Tirolo austriaco e le attuali Province di Trento e Bolzano) venne assegnato al regno di Baviera, che avviò un importante programma di riforme modernizzatrici. Questo causò nel 1809 una sollevazione popolare a capo della quale venne posto Andreas Hofer. Gli insorti, inizialmente appoggiati dal governo asburgico, tennero in scacco per un periodo le truppe bavaresi e napoleoniche, ma alla fine Hofer venne catturato e fucilato a Mantova il 20 febbraio 1810. Il territorio tirolese venne quindi smembrato e mentre una parte venne inglobata nel regno di Baviera, una parte venne assegnata al Regno italico.

Con la sconfitta di Napoleone e il Congresso di Vienna però il territorio trentino-tirolese venne nuovamente riunito ed entrò a far parte dell’impero asburgico come Contea principesca del Tirolo.

Tutta la parte meridionale della Contea del Tirolo, quella trentina, era chiamata «Welschtirol». La radice del termine, «welsch», indica una popolazione che parla una lingua latina. È quindi un nome che non ha un significato negativo, anche se a volte lo si trova usato in senso dispregiativo nella propaganda politica.

Rovine del paese di Caldonazzo. I paesi interessati dai combattimenti subirono danni tali che vennero definiti «La zona nera».

Breve storia della monarchia asburgica prima del 1815

La dinastia degli Asburgo prende il nome da «Habichtsburg» (ossia «Castello dei falchi»), il loro primo possedimento, che si trova nel cantone svizzero di Argovia. Grazie soprattutto a una serie di fortunati matrimoni, i loro domini si andarono allargando fino ad arrivare a comprendere, al tempo di Carlo V (1500–1558), un impero su cui «non tramontava mai il sole».

Nel’300 gli Asburgo acquisirono la Carinzia, la Carniola, il Tirolo, l’Istria e Trieste. Nel 1526 ottennero in eredità le corone di Boemia e Ungheria, il cui re era morto senza eredi. L’anno dopo acquisirono anche la Croazia. La loro diventava così una monarchia sempre più composita e multinazionale. Nel’700 la monarchia asburgica si arricchì anche delle Fiandre e di diverse province italiane; successivamente perse la Slesia tedesca, che venne compensata con la Galizia polacca.

Cesare Battisti, parlamentare austroungarico arruolatosi volontario nell’esercito del Regno d’Italia, viene scortato lungo le vie di Trento dopo la cattura.

Molte acquisizioni territoriali furono il frutto dei matrimoni di Massimiliano I3 (1459–1519) e dei suoi figli. Egli infatti sposò Maria di Borgogna, Anna di Bretagna e Bianca Maria Sforza. Ebbe un solo figlio maschio che sposò la figlia del re di Spagna. In questo modo suo nipote Carlo V (1500–1558) si trovò a governare un territorio che includeva l’Austria, la Spagna, la Germania, gran parte della penisola italiana e i domini spagnoli in America latina, mentre il matrimonio del fratello portava agli Asburgo le corone di Boemia e Ungheria. L’impero di Carlo V era tanto vasto che dovette essere diviso, dando vita a due linee dinastiche: quella degli Asburgo di Spagna e quella degli Asburgo d’Austria, che qui ci interessa.

Oltre ai domini personali, gli Asburgo controllavano anche il Sacro Romano Impero. Il primo Asburgo ad essere nominato imperatore del Sacro Romano Impero fu Rodolfo nel 1273. Questa carica era elettiva e non poteva essere tramandata ai propri discendenti, ma col tempo gli Asburgo riuscirono ad aggiudicarsi l’elezione quasi ininterrottamente dal 1438 al 1806, anno in cui il Sacro Romano Impero venne abolito.

Una suggestiva immagine di come appariva il castello del Buonconsiglio all’inizio del ’900.

La monarchia asburgica era il baluardo europeo contro l’avanzata dell’impero ottomano. I turchi infatti arrivarono alle porte di Vienna sia nel 1529 che nel 1683, ma vennero respinti.

La presenza di questo nemico esterno, il cattolicesimo e soprattutto la fedeltà alla dinastia regnante erano ciò che teneva uniti i territori controllati dagli Asburgo, che come abbiamo visto erano molto variegati. Questo perché gli Asburgo mantennero sempre separate le varie corone, senza mai costituire uno stato unico e centralizzato e senza uniformare né le amministrazioni, né le legislazioni, né le lingue.

Anche la monarchia asburgica fu interessata dallo scoppio della Riforma protestante, e gli Asburgo non esitarono a prendere le armi per difendere il cattolicesimo, visto che la lotta religiosa poteva avere pericolosi risvolti politici. Nel 1618 infatti a Praga i rappresentanti dell’imperatore erano stati letteralmente defenestrati dai nobili protestanti, dando inizio alla Guerra dei Trent’anni. Conclusasi la guerra, ai nobili boemi ribelli vennero tolte le terre, che vennero concesse alle famiglie rimaste fedeli. Fu così che un ramo dei trentini Thun si trasferì in Boemia.

A inizio’700 la dinastia asburgica contava un solo maschio vivente, cioè Carlo VI. Egli era molto preoccupato per la sua successione, quindi nel 1713 emanò un documento, chiamato «Prammatica Sanzione», col quale dichiarava che i territori della monarchia asburgica erano indivisibili e sarebbero stati ereditati dai suoi discendenti, fossero stati maschi o femmine. Questo documento, che permetteva anche a una donna di ereditare i domini asburgici, dovette essere fatto accettare prima a tutti i popoli della monarchia e poi anche a tutti gli stati europei, a volte a prezzo di pesanti concessioni. Ciò nonostante, alla morte di Carlo VI, quando nel 1740 sua figlia Maria Teresa dovette succedergli, molti stati europei si rifiutarono di rispettare i patti e le dichiararono guerra.

Maria Teresa non poteva tuttavia essere eletta imperatrice del Sacro Romano Impero, titolo riservato agli uomini. Ad essere eletto fu infatti nel 1745 suo marito, Francesco Stefano di Lorena. La loro unione diede vita alla linea detta degli Asburgo-Lorena (e a ben sedici figli), anche se in realtà per poter sposare Maria Teresa Francesco Stefano aveva dovuto cedere il Ducato di Lorena e accettare in cambio il Granducato di Toscana.

Maria Teresa regnò col marito dal 1740 al 1765 e dal 1765 al 1780 col figlio Giuseppe II, eletto imperatore alla morte del padre. Era il secolo dei «sovrani illuminati» e delle riforme, infatti cercò in vari modi di rendere la monarchia asburgica più moderna e amministrabile, ma soprattutto economicamente più sana, visto che le casse dello stato erano continuamente vuote. In questa prospettiva vanno viste sia la promulgazione del Codice teresiano nel 1768, che l’istituzione dell’istruzione primaria obbligatoria nel 1774, che la redazione del Catasto tavolare, per citare le riforme principali. Tali riforme vennero applicate direttamente nei territori facenti parte della Contea del Tirolo (Maria Teresa era Contessa del Tirolo) e poi recepite anche nel Principato vescovile di Trento, che faceva parte del Sacro Romano Impero.

Il Catasto tavolare (o fondiario) è applicato ancora oggi non solo nelle Province di Trento e Bolzano, ma anche nei comuni di Pedemonte, Magasa, Valvestino e Cortina d’Ampezzo, che fino al 1918 facevano parte del Tirolo.

Molti dei numerosi figli di Maria Teresa morirono giovani, ed una (Maria Antonietta, regina di Francia) morì addirittura decapitata. Due dei suoi figli furono invece suoi successori sul trono asburgico: Giuseppe II, imperatore fin dal 1765 e re dei territori ereditari asburgici dal 1780 al 1790, e Leopoldo II, re ed imperatore dal 1790 al 1792. Giuseppe II continuò la politica riformatrice così intensamente da suscitare forti reazioni contrarie nella popolazione, tanto che alla sua morte il fratello dovette abolire alcune riforme, in particolare quelle anticlericali. Egli infatti aveva fatto tutto il possibile per eliminare il controllo della Chiesa sulla politica e anzi per fare in modo che fosse lo stato a controllare la Chiesa. Per questo fece coincidere i confini della diocesi di Trento con i confini politici del Principato vescovile e della Contea del Tirolo.

In questa bella cartolina, il vestito tradizionale usato per le nozze da una contadina tirolese.

A Leopoldo II successe suo figlio Francesco, che avrebbe regnato fino al 1835. Egli fu imperatore del Sacro Romano Impero come Francesco II fino al 1806, quando questo impero venne abolito, mentre era imperatore del neonato Impero d’Austria come Francesco I dal 1804.

I tempi infatti stavano cambiando: nel 1789 era iniziata la Rivoluzione francese, nel 1792 la Francia rivoluzionaria aveva dichiarato guerra agli Asburgo e ad altri stati, l’anno seguente aveva giustiziato il suo re e poi la regina, Maria Antonietta, come detto figlia di Maria Teresa e quindi zia di Francesco II.

Nel 1796 Napoleone Bonaparte guidò la prima campagna d’Italia contro gli Asburgo, arrivando anche nel territorio trentino. Nel 1799 diventò Primo console, nel 1804 fondò l’Impero di Francia.

Per quanto riguarda il territorio trentino, dal 1796 al 1803 vi si alternarono tre governi provvisori francesi e due austriaci; dal 1803 al 1805, dopo l’abolizione del principato, tutto l’attuale territorio provinciale venne annesso alla monarchia asburgica, dal 1806 al 1810 vi fu il passaggio alla Baviera, con l’insurrezione hoferiana del 1809.

Nel 1810 Francesco II dovette concedere in moglie la figlia Maria Luisa (1791–1847) all’odiato nemico Napoleone Bonaparte (1769–1821) come pegno di pace. Dal matrimonio nacque nel 1811 un figlio, Napoleone Francesco, che morì a soli 21 anni.

Questo matrimonio era stato il capolavoro diplomatico del Ministro degli esteri austriaco Klemens von Metternich, ma venne ben presto sciolto dal crollo della fortuna di Napoleone, che nel 1814 venne esiliato all’Elba. Dopo il Congresso di Vienna, che rimise ordine nelle corti d’Europa, a Maria Luisa venne assegnato il Ducato di Parma e Piacenza, dove si trasferì col suo amante e marito dopo la morte di Napoleone, il conte Adam von Neipperg.

Nel frattempo, dal maggio 1810 al 1813 una parte del Tirolo era entrata a far parte del napoleonico Regno d’Italia.

Solo nell’ottobre 1813 il Tirolo tornò unito e sotto il controllo degli Asburgo, che iniziarono subito il riordino amministrativo, anche se la cessione formale arrivò solo nel giugno 1814 e venne poi ratificata dal Congresso di Vienna.

Il territorio trentino iniziava così il suo secolo di permanenza nell’impero asburgico.

Avvenimenti 1815–1848

Le idee della rivoluzione francese ebbero inizialmente buona accoglienza presso la corte viennese. Il secondo figlio di Maria Teresa, Leopoldo, allora Granduca di Toscana e poi imperatore, dichiarò persino: «La rigenerazione della Francia sarà un modello che tutti i sovrani e i governi d’Europa imiteranno, volontariamente o meno, perché vi saranno costretti dai loro popoli. In ogni caso ne deriverà una felicità illimitata, la fine delle ingiustizie, delle guerre, delle dispute e dei disordini, e questa sarà la moda più utile che la Francia avrà introdotto in Europa». Le numerose riforme di Maria Teresa e Giuseppe II del resto facevano sì che la situazione sociale nei territori asburgici fosse molto diversa da quella che aveva causato la rivoluzione francese, e non si temevano quindi episodi simili. Alcune riforme erano anzi state rifiutate dalla popolazione stessa perché troppo radicali.

Nel 1792 tuttavia, alla morte di Leopoldo, salì al trono suo figlio Francesco II, che avrebbe regnato fino al 1835. Anche se giovane (era nato a Firenze nel 1768, aveva quindi 24 anni), a differenza dei suoi predecessori non amava le novità e le riforme, anche se il suo atteggiamento aperto e bonario gli guadagnò presto la stima e l’affetto dei sudditi, in particolare dei viennesi.

L’entusiasmo per le idee rivoluzionarie si era del resto spento anche presso l’aristocrazia austriaca, spaventata dalla situazione creatasi in Francia, la quale nel 1792 aveva dichiarato guerra agli Asburgo, iniziando un conflitto che durò con fasi alterne fino al 1815.

Francesco appena salito al trono rafforzò quindi la burocrazia, la censura e la polizia. Nell’estate del 1794 questa scoprì un complotto per uccidere il sovrano e rovesciare la monarchia. Molti degli accusati appartenevano alla massoneria, il che permise al governo di dimostrarne la pericolosità. La massoneria venne quindi proibita in tutti i territori occidentali dell’impero.

Nell’ottobre 1797 Austria e Francia firmarono il trattato di Campoformio, in seguito al quale gli Asburgo ottennero Venezia, l’Istria e la Dalmazia. Inoltre, con la pace di Luneville del 1801 alcuni principati vescovili vennero secolarizzati; tra questi anche quelli di Trento e Bressanone, che vennero assegnati agli Asburgo come compensazione per la perdita della Contea di Falkenstein nella Lorena, divenuta francese.

Nel 1805 Vienna venne occupata dai francesi e Francesco II dovette rifugiarsi presso lo zar russo. Venne anche costretto a rinunciare al titolo di imperatore del Sacro Romano Impero e ad accontentarsi di quello di imperatore austriaco, diventando così Francesco I d’Austria. Il Tirolo nel frattempo era passato alla Baviera, alleata di Napoleone.

Nel febbraio 1809 le ostilità fra Austria e Francia ricominciarono, mentre le riforme imposte dal governo bavarese suscitavano in Tirolo forti proteste, che sfociarono in una rivolta armata. Dal punto di vista militare fu un successo, ma la perdita degli appoggi politici portò alla sconfitta e alla divisione del Tirolo: la parte settentrionale rimase alla Baviera, mentre quella meridionale venne annessa al Regno d’Italia creato da Napoleone. Francesco I, sconfitto, dovette dare in moglie la figlia Maria Luisa a Napoleone, pagare una forte somma, ridurre il suo esercito e togliere ogni appoggio ai rivoltosi tirolesi il cui capo, Andreas Hofer, venne catturato e poi fucilato dai francesi a Mantova il 20 febbraio 1810.

Nel 1809 aveva iniziato la sua carriera politica un uomo fondamentale nella storia austriaca fino al 1848: Klemens Wenzel Lothar, conte e poi principe di Metternich, spesso accusato di essere un burocrate perfido e sospettoso, era in realtà un grande signore cosmopolita, ammiratore dei pensatori illuministi. La sua fama è legata soprattutto al Congresso di Vienna, ossia all’assemblea degli stati europei che nel 1814–1815 portò a un nuovo equilibrio politico dopo la sconfitta di Napoleone. La monarchia asburgica ottenne i territori lombardi e veneti che andarono a formare il Regno Lombardo-veneto, mentre i Savoia ottennero la Repubblica di Genova.

Grazie al controllo diretto del Nord-Est e a quello indiretto su molti altri territori, la monarchia asburgica arrivava così a controllare gran parte della penisola italiana. In Germania invece gli Asburgo erano stati fortemente ridimensionati dalla crescita della Prussia. Anche per questo dopo il 1815 non venne restaurato il vecchio Sacro Romano Impero, ma venne creata una Confederazione germanica che raggruppava diversi stati (Prussia, Sassonia, Baviera, Assia, Baden ecc.) e la cui presidenza venne affidata a Francesco I d’Asburgo.

Dal Congresso di Vienna gli Asburgo uscirono controllando uno stato con 65 milioni di abitanti, il cui compito secondo Metternich era quello di continuare a difendere l’Europa dall’espansione turca. Per questo pensava fosse necessario evitare che l’impero asburgico si espandesse ad est, il che lo portò a «snobbare» la parte ungherese dell’impero.

L’atto finale del Congresso di Vienna del 9 giugno 1815 sanciva definitivamente il rientro del Tirolo (e quindi anche degli ex Principati vescovili di Trento e Bressanone) nei possedimenti asburgici. Pochi anni dopo, nel 1818, la Contea del Tirolo venne inclusa anche nella Confederazione germanica.

Metternich e l’imperatore Francesco I erano sospettosi nei confronti dell’attività politica degli arciduchi Carlo e Giovanni, fratelli di Francesco I. L’arciduca Giovanni4 in particolare, già sostenitore di Andreas Hofer, aveva cercato di far nascere una sorta di coscienza nazionale, di «patriottismo austriaco» su modello di quello francese, che avrebbe forse potuto amalgamare le diverse nazionalità. Metternich però pensava che questo non fosse necessario per tenere unito l’impero asburgico. Secondo lui non esistevano né una nazione italiana né una tedesca, ma solo due popolazioni con una lingua e una tradizione letteraria comuni, che però non avrebbero mai sentito il bisogno di unirsi in stati nazionali.

La stabilità interna dell’impero veniva quindi garantita da una politica conservatrice e da un forte controllo, abbinati al rispetto delle leggi tradizionali, che lasciavano il potere in mano alla nobiltà e alle Diete5, le quali venivano regolarmente convocate, anche se i loro privilegi e poteri vennero limitati e l’amministrazione passò progressivamente dalle mani dell’aristocrazia a quelle dei funzionari.

Il Lombardo-Veneto, che non aveva già una Dieta, venne dotato di assemblee composte da rappresentanti dei proprietari terrieri (nobili e non) e da delegati delle città. L’amministrazione asburgica del Lombardo-Veneto era riconosciuta come la più efficiente della penisola; il sistema giudiziario e quello scolastico erano i più progrediti e il tenore di vita rispecchiava l’economia più sviluppata tra quelle degli stati italiani. Tuttavia questa amministrazione escludeva la maggior parte degli aristocratici e degli avvocati locali dalle funzioni pubbliche e politiche. Gli avvocati avrebbero dovuto essere bilingui, mentre i titoli nobiliari italiani spesso non erano riconosciuti dalle commissioni araldiche imperiali. Al contrario, molti posti di responsabilità erano affidati a trentini, grazie al loro bilinguismo e alla fiducia che ispiravano nel governo.

La stabilità europea veniva garantita da frequenti congressi diplomatici che riunivano le maggiori potenze: Russia, Prussia, Gran Bretagna, Impero asburgico e, dopo il 1818, Francia. In caso di pericolo questi congressi potevano affidare a una o più nazioni il compito di intervenire con le armi. Questo avvenne ad esempio quando gli Asburgo vennero incaricati di intervenire a Napoli contro la rivoluzione liberale e quando nell’aprile 1821 repressero su richiesta dei Savoia l’insurrezione liberale piemontese.

Nello stesso periodo la Prussia realizzò l’unione doganale («Zollverein») tra numerosi stati tedeschi, dalla quale era escluso l’impero asburgico. L’azione asburgica in Germania era quindi sempre più limitata, perciò l’attenzione di Metternich si rivolse ai territori italiani, dove intervenne anche nel 1831 per soffocare il movimento rivoluzionario nato nello Stato pontificio ed estesosi poi a Parma e Modena, dove era duchessa Maria Luisa d’Asburgo, principessa austriaca vedova di Napoleone.

La visione di Metternich era vincente nel 1815, quando le popolazioni europee, stanche di guerre, cercavano l’equilibrio, ma non riuscì ad adeguarsi quando, soprattutto dopo il 1830, le condizioni cambiarono e quelle stesse popolazioni cercarono di ritagliarsi nuovi spazi nella società, a danno del vecchio regime aristocratico. Questa incapacità di cogliere il nuovo spirito dei tempi fu aggravata dal fatto che dopo il 1835 e l’ascesa al trono di Ferdinando I (vissuto 1793–1875, imperatore 1835–1848), affetto da gravi problemi fisici e mentali, Metternich si trovò sostanzialmente a regnare al posto dell’imperatore.

Il periodo 1815–1848 tuttavia per gli austriaci non si chiama, come si trova spesso sui testi scolastici, «era di Metternich», ma «Biedermeier». Questo termine simboleggia l’ascesa della borghesia, e si tradusse tra l’altro in un caratteristico stile di arredamento leggero, confortevole, funzionale e grazioso, visibile ancora oggi in molti interni viennesi.

Fu un periodo di crescita economica e demografica, visibile nello sviluppo urbano di Vienna, che superò nel 1828 i 300.000 abitanti, ma anche Brno raddoppiò i suoi abitanti, Pest (poi Budapest6) li triplicò, Praga arrivò a 89.000 abitanti.